IL LUPO DELLA STEPPA
Di Hermann Hesse |
DISSERTAZIONE
Pag. 99- (IX)
Ciò
che da principio fu il suo sogno della felicità, divenne in
seguito il suo amaro destino. L’uomo avido di potere
incontra la sua rovina nel potere, l’uomo bramoso di denaro
il denaro, il sottomesso nella servitù, il gaudente nel
piacere. E così il lupo della steppa si rovinò con
l’indipendenza. La meta egli la raggiunse e divenne sempre
più indipendente, nessuno gli comandava, non era costretto a
seguire nessuno e decideva liberamente delle sue azioni e
omissioni. Ogni uomo forte infatti raggiunge immancabilmente
ciò che il suo vero istinto gli ordina di volere. Ma
raggiunta la libertà Harry si accorse ad un tratto che la
sua libertà era morte, che era solo, che il mondo lo
lasciava paurosamente in pace, che gli uomini non lo
riguardavano più, né lui riguardava se stesso, che soffocava
lentamente in un aria sempre più rarefatta senza relazioni e
senza compagnia. Infatti era arrivato al punto che la
solitudine e l’indipendenza non erano più un aspirazione,
una meta, bensì la sua sorte, la sua condanna; e una volta
pronunciata la formula magica senza poterla più ritirare, a
nulla gli serviva tendere le braccia con desiderio e volontà
ed essere disposto a cercare legami e comunioni: tutti lo
lasciavano solo.
Pag. xxx
Anche il
lupo ha in petto due e più anime , e chi desidera essere
lupo commette la stessa dimenticanza di quell’uomo che
canta: “Quale gioia esser ancor fanciullo!”. L’uomo
simpatico ma sentimentale che canta la canzone del fanciullo
beato vorrebbe ritornare anche lui alla natura,
all’innocenza, all’inizio, ma ha dimenticato che i fanciulli
non sono per nulla beati, che anch’essi hanno i loro
conflitti, i loro dissidi, le loro sofferenze. Non vi è
strada che porti indietro, né al lupo né al fanciullo. In
principio non vi è innocenza né semplicità; tutto ciò che è
creato, anche le cose apparentemente più semplici, sono già
colpevoli, sono già molteplici, buttate nel sudicio fiume
del divenire e non possono mai più, risalire la corrente.
Pag141.
“Tutto
ciò è semplice e, limpido, tutti potrebbero capire e
arrivare in un’ora di riflessione al medesimo risultato. Ma
nessuno vuole riflettere, nessuno vuole evitare la prossima
guerra, nessuno vuole risparmiare a sé e ai propri figli il
prossimo macello di milioni d’individui. Rifletterci
un’ora, chiedersi un momento fino a che punto ognuno è
partecipe e colpevole del disordine e della cattiveria del
mondo: vedi, nessuno vuol farlo. E così si andrà avanti e la
prossima guerra è preparata giorno per giorno con ardore da
migliaia di uomini. Da quando lo so mi son sentito tagliare
le gambe e mi sono disperato e non ho più “patria”, non ho
più ideali perchè tutto questo non è che uno scenario per
quei signori che preparano la prossima carneficina. Non ha
scopo pensare pensieri umani e dirli e scriverli, non ha
scopo rimuginare in testa pensieri di bontà: per due o tre
persone che lo fanno ci sono in compenso ogni giorno
migliaia di giornali e di riviste e discorsi e sedute e
segrete pubbliche che vogliono il contrario e lo
ottengono.”
Erminia
aveva ascoltato con attenzione.
“Già”,
disse ora “hai ragione tu. Si capisce che avremo di nuovo la
guerra, non occorre leggere i giornali per saperlo. Certo,
si può esserne rattristati, ma è una cosa senza valore.
Sarebbe come rattristarsi perché, nonostante tutto quanto si
possa fare contro, un giorno bisognerà per forza morire. La
lotta contro la morte, caro Herry, è sempre una cosa bella,
nobile e onorevole, dunque anche la lotta contro la guerra.
Ma è anche sempre un gesto da Don Chisciotte, un gesto senza
speranza.”
“Forse è
vero”, esclamai con forza “ma con simili verità che bisogna
pur morire tutti e che ogni cosa è quindi indifferente, non
si fa che rendere la vita insulsa e superficiale. Dobbiamo
dunque buttar via tutto, rinunciare allo spirito, alle
aspirazioni,all’umanità, lasciare che continuino a dominare
l’ambizione e il denaro e aspettare davanti ad un bicchiere
di birra la prossima mobilitazione?”
Oscar
Mondatori
|
Francesco Hayez
|
|
|