IN ALTO A SINISTRA
di Erri De Luca
Pag. 123/124
“Avrai
la libertà di tornare ai libri, l’unica cosa che ti
lascio,oltre al bridge. Riavrai i libri, l’unico posto dove
l’esperienza che uno fa nel mondo, trova le parole di
accompagnamento.”
Li aveva
portati tutti da me quell’anno, quasi niente vestiti. Voleva
bene ai libri,tutti. Gli piaceva la forma, l’ingegnoso
sistema delle pagine sottili legate lungo la costola, capaci
di contenere tanta materia narrata. “La morte è il Messia",
ha scritto Isaac Singer. E’ proprio questo per me. In
mancanza di fede l’aspetto con questa sola ansia: capire i
libri. Ognuno capirà quelli che ha amato. Saprò quelli che
avrei dovuto rileggere, quali ho mancato di conoscere. Mi
aspetto dalla morte una biblioteca sterminata e anche la
buona vista della gioventù.”
Gli
chiedevo se pensasse di ricevere anche quelli che sarebbero
stati scritti dopo di noi. “I libri sono il sempre. chi li
scrive può credere di lasciarli ai contemporanei, ai
posteri, ma mentre scrive tutto il passato è dietro le sue
spalle a leggere. Se non c’è questo angelo del tempo
trascorso, se non c’è il suo artiglio sul collo del poeta,
le sue parole sono subito cenere. Se non si scrive per
essere letti dagli antenati, non resta impresso niente sulla
carta.” “Babbo, ci vogliono troppi miracoli insieme per far
succedere quello che speri. Sei esigente per essere per
essere un uomo senza fede.” “Mi è bastata la fede degli
altri. In alcune vite di quelle persone ho visto l’impronta
digitale di Dio, così come resta nei libri sacri del loro
credo. Sono un testimone secondario, non ho visto l’orso ma
ho trovato le orme, un alveare saccheggiato, indizi insomma
di un passaggio.”
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Di
giorno parlava di libri. “Conoscevano le mie pene, i
bisogni,gli scontenti. In ognuno di loro c’era una frase,
una lettera che era stata scritta solo per me. Sono stati la
vita seconda, che insegna a correggere il passato, a dargli
una presenza di spirito che allora non ebbe, a dargli
un'altra possibilità. I libri insegnano ai ricordi, li fanno
camminare. Li ho letti per intero, non ne ho lasciato
nessuno a mezzo, per quanto fosse deludente o presuntuoso
l’ho seguito fino all’ultima linea. Perché è stato bello per
me girare la pagina letta e portare lo sguardo in alto a
sinistra, dove la storia continuava. Ho girato il foglio
sempre alla svelta per proseguire da quel primo rigo, in
alto a sinistra.[...]I libri sono un carattere ereditario e
credo di avertelo trasmesso. Non li ami come me , sei
esigente, cerchi tra essi le pagine che restano incise nella
memoria, infilzate come farfalle. Ma non dire che le altre,
le dimenticate, sono da non leggere. Molto è portato via dal
caso, quello che resta è appunto solo questo, un resto che
non dimostra e non sostituisce niente di quello che si è
perduto. Ami le pagine assolute, le necessarie, al riparo
dai gusti. Ma i libri siamo noi, gente che si ammala, si
sfilaccia ingiallisce e viene dimenticata. Sono a immagine
della nostra vita. Ama un poco anche i libri del tuo tempo,
ama un poco i tuoi anni che sono quelli che passano e non
quelli che ti restano.”
Non ci
riesco. Mi irrita nei contemporanei quello che apprezzo
negli antichi, la leggerezza che fa da spinta al leggere. Ho
un quaderno su cui ricopio le frasi che mi hanno fatto
voltare indietro e forzare le cose risapute da una diversa
breccia. Le pagine che cerco hanno questo effetto: un paio
di occhiali giusti sul naso di un bambino che fino a quel
momento non aveva mai saputo di essere miope. Allora si
accorge degli occhi del suo cane, dell’artiglio del gatto,
della gola tesa del gallo che grida. Di frase in frase e il
quaderno cresce e non contiene libri, ma la felicità
incontrata. Così divento contemporaneo delle pagine amate e
non dei miei anni.
“Lo
credi ma non è così. Si può stare solo nel tempo assegnato e
la tua antologia deve aiutarti ad abitarlo
EDITO DA
U.E.FELTRINELLI
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Fernando Botero |
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