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L'INVENTORE
DEI SOGNI
di Mc Evan Ian
Di Peter Fortune i grandi dicevano che era “un bambino
difficile. Lui però non capiva in che senso. Non si sentiva per
niente difficile. Non scaraventava le bottiglie del latte contro
il muro del giardino, non si rovesciava in testa il ketchup
facendo finta che fosse sangue, e neppure se la prendeva con le
caviglie di sua nonna quando giocava con la spada, anche se ogni
tanto aveva pensato di farlo. Mangiava di tutto, tranne,
s'intende il pesce, le uova, il formaggio e tutte le verdure
eccetto le patate. Non era piú rumoroso, piú sporco o piú
stupido degli altri bambini. Aveva un nome facile da dire e da
scrivere e una faccia pallida e lentigginosa, facile da
ricordare (…)
Fu solo quando era ormai già grande da un pezzo che Peter
finalmente capí. La gente lo considerava difficile perché se ne
stava sempre zitto. E a quanto pare questo dava fastidio.
L'altro problema era che gli piaceva starsene da solo. Non
sempre naturalmente. Nemmeno tutti i giorni. Ma per lo piú gli
piaceva prendersi un'ora per stare tranquillo in qualche posto,
che so, nella sua stanza, oppure al parco. Gli piaceva stare da
solo, e pensare i suoi pensieri.
“Il guaio è che i grandi si illudono di sapere che cosa succede
dentro la testa di un bambino di dieci anni”.
F.H.Potter
OCEANOMARE
Si voltò e lentamente
tornò sui suoi passi. Non c’era più vento, non c’ era
più notte, non c’ era più mare, per lei. Andava e sapeva
dove andare. Questo era tutto. Sensazione meravigliosa.
Di quando il destino finalmente si schiude e diventa
sentiero distinto, e orma inequivocabile, e direzione
certa. Il tempo interminabile dell’ avvicinamento.
Quell’ accostarsi. Si vorrebbe non finisse mai. Il gesto
di consegnarsi al destino. Quella è un’ emozione. Senza
più dilemmi, senza più menzogne. Sapere dove. E
raggiungerlo. Qualunque sia, il destino. Camminava - ed
era la cosa più bella che avesse mai fatto.
Alessandro Baricco |
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