Con queste parole il figlio di Mario Luzi, ha
voluto ricordare il padre al termine delle esequie :
Mio padre è vissuto per 90 anni, in un periodo che ha
visto due guerre mondiali, rivoluzioni, concili, crisi
economiche epocali. Gli scenari dei valori dominanti
connessi sono mutati più volte nel corso di questo periodo e
in maniera drammatica, ma quello che non è mai mutato è il
concetto che il vero, il giusto, il diritto,che sono valori
cardine fondanti e struttura portante del vivere civile, non
sono mai cambiati: questi valori per mio padre non sono mai
stati negoziabili, e anche in modo intransigente,lo ricordo
fin dai tempi della mia infanzia
Gianni Luzi
Mario (Luzi) è stato non solo un grande poeta, ma un
grand’uomo, qualità non sempre connesse, uno capace più
di ascoltare gli altri che di manifestare il proprio
narcisismo d’artista; questo, poi, era talmente basso
ch’egli non si curava nemmeno di possedere i libri che
scriveva. Ci mancherà moltissimo quest’uomo sceso
nell’invisibile e nel silenzio. Possiamo solo augurarci
che nella definitiva remissione della parola al silenzio
abbiano pieno senso i suoi ultimi versi: “Poi il
silenzio, / quel silenzio si dice è la tua voce”, e
salutarlo: “Addio, ora ben altro è il prato”.
Stefano Verdino |
Se devo contare il nome delle presenze
illuminanti e dei nostri più cari emblemi nel campo
della poesia e del pensiero (non più del numero di
petali di una margherita) il nome di Mario sarà
sempre essenziale e benedetto.
Maria Luisa Spaziani
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“Finché nasce un giorno / non
diverso in nulla dagli altri”. Eppure terribilmente
unico, perché il freddo di questo inverno, sterminatore
di fiori, si è portato via quello più bello. Lui, che
aveva la grazia e la tenacia delle forme fragili e
solenni, ci ha lasciato. È vero quello che dice un altro
grande poeta, Alda Merini: si prova rancore verso chi
muore, viviamo come un tradimento il suo abbandonarci
per sempre, il suo lasciarci irrimediabilmente soli.
Alle prese con un grande dolore, il cervello organizza
per suo conto il meccanismo dei ricordi. Così, nel primo
pomeriggio di lunedì 28 febbraio, mentre salivo con il
piccolo ascensore al quinto piano di via Bellariva 20, a
Firenze, non ricordavo nessuno dei momenti ufficiali in
cui avevo frequentato Mario Luzi, da quando, via via più
assiduamente, cominciai a conoscerlo alla fine degli
anni Settanta, assistendo alle sue lezioni
all’Università di Urbino.[...]Mi venivano in soccorso il
lampo affettuoso dei suoi occhi azzurri a volte
socchiusi come per raccogliere le
idee, la carezza delle sue parole, la gentilezza
aristocratica e ironica, la pazienza sempre disponibile.
“Schiodami, ti prego, dalla croce / della mia identità,
lasciami / a ogni casuale evento, / libero, neutrale,
indiviso dalla vita./ La prima, la seconda, / la
continua vita/ tutto ciò che dà / tutto si riprende”. La
sua voce in frammenti piove su di me, assieme al ricordo
delle ore di luce, quella luce che nella variegata
plenitudine osmagamento accompagna tutta la sua poesia.
E poi il profumo dei fiori d’oleandro in primavera nel
grande terrazzo che circumnaviga la casa; il caffè fino
a tarda sera e il cibo consumato nella piccola cucina.
E poi i viaggi, d’estate a Pienza con le aperti sulla
Val d’Orda, da via del Bacio. E anche le sue
predilezioni culinarie mi tornano in mente, come le
patate arrosto, o i dolci che spesso gli arrivavano da
quell’enclave
profonda di Toscana tra Arcidosso e Semprugnano. E le
ripulse per i volatili, cosa che ignoravo la prima volta
che pranzammo in casa mia, costringendolo a un quasi
digiuno a causa di un pollo arrosto cucinato da mia
madre[...]
Anna Buoninsegni
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