24 settembre 2006
“ Eppure sono
stata qui! Sono passata di qui!
Qualunque cosa accada, non dimenticatemi!”
da “L’Identità” di Milan Kundera
All’Esquilino la sua casa. Tutt’intorno, i luoghi che hanno fatto da
scenario alla sua breve esistenza: troppo presto estromessa dal banchetto
della vita, non restano che amare riflessioni e dolci ricordi.
Quanti hanno preso la gomma e cancellato dall’agenda il suo nome? Quando
sarebbe stato il tempo giusto per farlo? Oggi, ieri, dopo un anno? Far
sparire dall’agenda un nome può essere facile, ma cosa si prova nel
cancellare il nome di una persona amata che muore?
Per gli amici di Katia, per chiunque l’abbia conosciuta, non deve essere
stato facile. Quanti conservano i suoi messaggi nel telefonino per
sottrarre il suo passato all’oblio?
Incredibile come l’ assenza possa essere ancora riempita dal ricordo. La
misura è colma, straripa, ma crea ancora immagini e pensieri che si
rincorrono, dove il presente ed il passato si confondono e vanno ad
incastrarsi..., come scatole cinesi: un ricordo ne contiene un’altro e poi
un’altro ancora, uno che si era perduto riaffiora dal profondo abisso della
mente. Così, ricordare diventa un’ancora di salvezza, un regalo
inaspettato, una resurrezione.
Tutto mi parla di lei: mia figlia.
I negozi multicolori degli indiani, dove andavamo alla ricerca di monili
originali, quelli dei cinesi, dove, invece, nessun abito andava bene perché
troppo piccolo! L’edicola di giornali sotto casa, dove, prima di andare al
lavoro, si intratteneva a chiacchierare con chiunque, il postino, che un
tempo era stato suo collega, ogni cosa, ogni angolo di strada, tutto mi
parla di lei...
Accanto alla porta d’ingresso di casa, ci sono ancora i segni con cui le
due sorelle, Katia e Barbara, si divertivano tanto ad essere misurate dal
papà nella fase di crescita...
Altri segni del suo passaggio li ritrovo nelle pagine che sfoglio. Tutto
quello che leggeva ha brani evidenziati con segni di penna, sottolineava
parole che le davano emozioni, passi che le sembravano rivelazioni; al
margine, appunti indirizzati a me: anche quello era un modo di
comunicare...
Nella casa che lei aveva in affitto, proprio accanto alla nostra, sono
sparite, cancellate dalle pareti imbiancate, le tracce del suo passaggio,
nulla resta a raccontare la sua storia: un nuovo inquilino entra, mette le
sue cose dove prima c’erano quelle di Katia e, magicamente, si ricompone un
mondo nuovo. Ma deve essere rimasto nell’aria il suo spirito gioioso, vi si
creano atmosfere cariche di magia, che producono singolari epifanie. Sul
ballatoio, infatti, come una volta, attraverso la porta chiusa, giunge una
musica a tutto volume. La vita continua. La gioventù torna ad animare
quelle stanze, sugli scaffali nuovi libri, giunge a noi il frastuono di
allegre serate, altri giovani s’incontrano, vanno e vengono in
continuazione. Manca solo Katia.
Mi incammino per le stradine che avvolgono il quartiere come un gomitolo
sfilacciato, sampietrini divelti, cartacce, pagine di giornale, buste di
plastica volano al primo soffio di vento. Una folata più forte, insieme
alle carte scompiglia i miei pensieri, li mescola e li confonde
sparpagliandoli alla rinfusa.
Continuo a camminare, i miei occhi si posano sui mie piedi: calzo le scarpe
di Katia. Un rito, questo, ormai consolidato: ogni giorno porto a spasso un
frammento di lei, una cosa che apparteneva a lei. Un golfino, una borsa, un
monile: mi sembra di rafforzare il nostro “ stare insieme”. L’evocazione
del ricordo è forte: i giardini di Piazza Vittorio, dove lei insieme con il
suo cane amava passeggiare. I ruderi, i sassi, gli alberi, tutto ha
memoria, questo cielo, io lo so, questo prato, tutto è stato accarezzato
dal suo sguardo, è stato amato e vissuto. Per questo credo che il suo
riflesso e la sua essenza sono rimasti impigliati tra i rami degli alberi:
come un palloncino sfuggito dalla mano di un bambino, così la sua vita
sfuggita alla terra... Eccola tra i fiori dei melograni, eccola tra i gatti
che si stendono pigri al sole. Lei non è scomparsa completamente. E’
rimasto loro il ricordo addosso. Il suo sguardo era luminoso. Tutto di lei
irradiava luce e calore , perché lei, amandoti, ti lasciava, come le
farfalle, un poco del suo colore addosso. Perché quando rideva
fragorosamente, e solo così sapeva farlo, ti rovesciava addosso una cascata
di allegria contagiosa. Ora la sua assenza s’impone sopra ogni cosa,
s’imprime come un’ombra. Prima era una luce abbagliante, ora è un’ombra che
non conosce luoghi invalicabili, limiti o barriere. L’invisibile non è il
nulla! Basta crederci.
Una farfalla m’investe sfiorandomi dolcemente i capelli...
A volte, mentre sono in giro nel quartiere, ho come delle allucinazioni... Una
ragazza con il fisico sottile, lunghi capelli e passo danzante mi passa
accanto, si allontana quasi fluttuando: una lancinante fitta al cuore mi
inchioda... Dolore, rabbia, amore, spasimo, assenza, sgomento... Non è
lei..., ma ricordo malinconicamente che anche Katia è passata di qui...
Alla mia amata Katia
mamma
Bruna