QUESTA RECENSIONE DAL SITO: www.revisioncinema.com/
Esiste un linguaggio segreto, che usa
la natura per nascondere quello che non è possibile dire chiaramente,
per alludere ad un disegno nascosto, che affiora nei sogni o negli stati
di alterazione della coscienza, quando l’uomo smette di patire sotto
l’agire incondizionato delle categorie della ragione e il mondo assume
un carattere ribelle, lontano da ogni sentire condizionato. In quei
momenti, l’uomo smette di avvertire la natura come un segno da decifrare
e tutto diventa materia vivente, che pensa e agisce assecondando
un’intenzionalità che non sappiamo se considerare simile alla nostra o
espressione di un codice che ribadisce continuamente la propria
estraneità ad ogni umano sentire. A questa dimensione di incertezza, a questo dubbio radicale aderisce
perfettamente Dragonfly – Il Segno Della Libellula, che apre
continuamente nuove possibilità, capaci di proiettare Joe (Kevin Costner)
in una dimensione di senso che rifiuta la dimensione del tragico, intesa
come chiusura dell’uomo entro i limiti segnati da valori eterni,
immutabili che dettano inevitabilmente le condizioni di ogni futuro
agire. Questa dimensione, invece, in Dragonfly, è completamente assente. Qui
tutto è sospensione del senso, attivazione di un altro sentire, al punto
che perfino la morte della moglie Emily cessa di avere per Joe il sapore
di una perdita irrimediabile.Nulla si perde veramente in
Dragonfly, perché quello che vediamo non è cancellato, ma solo sospinto
verso regioni dell’essere che hanno il potere di accogliere, di
trattenere, infine di trasformare, in attesa che la comunicazione si
ristabilisca, che ciò che è stato torni di nuovo ad essere, proiettando
la propria ombra sui nostri pensieri, sulle contingenze che a volte
scambiamo per la vera vita. Non si tratta allora di comprendere che c’è vita dopo la morte, quanto
di arrivare ad una diversa e più profonda comprensione di ciò che unisce
i cuori di chi ha amato, di chi ha smesso, anche solo per un attimo, di
credere che la vita sia volontà di resistere contro un destino che è
pura negatività, intenzionata a sopprimere l’immaginazione, la capacità
di aderire pienamente alla nostra natura, ricreandola fino a
trasformarla in qualcosa di nuovo, che appare sottraendosi. A questo punto è chiaro il senso della metafora resa evidente, quasi
tangibile dalla libellula che Emily aveva praticamente tatuata sulla
pelle, simbolo di trasformazione, di capacità di ascolto che si traduce
in un sentire amplificato, reso disponibile ad ogni avventura, ad ogni
rivoluzione dell’essere, in attesa che messaggi portati da forze
sconosciute ci indichino la strada da percorrere che sarà solo nostra,
perché intenzionata a condurci là dove continua a vivere chi abbiamo
amato, chi ha condiviso con noi il pensiero che la natura non è mai il
risultato di un’intenzione finalistica, chiusa nel raggiungimento di un
traguardo da sempre stabilito.
© 2002 reVision, Marco Marinell |