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Frida Kahlo, secondo me,
entra di diritto in questo spazio dedicato alle R/esistenze. Chi
più di lei ha lottato per vivere con determinazione la sua vita?
FRIDA KAHLO
Senz'altro una donna coraggiosa
e una delle più grandi pittrici del Novecento, forse la più
grande. Visse appena 47 anni, quasi tutti spesi in una
coraggiosa battaglia contro la sofferenza e le avversità. Altri
ne sarebbero stati piegati, sopraffatti, esistenzialmente
stroncati: non lei, che affrontò le sventure che la colpirono e
le loro dolorose conseguenze con una incredibile energia
creativa. E questa energia, oltre che da se stessa, le venne
anche dai suoi numerosi amori. Il suo anticonformismo, la sua
libertà sessuale che non nascose mai e di cui anzi andava
orgogliosa, la sua grande capacità di creare legami intensi e
solidali, contribuirono a rafforzare la sua fibra di amazzone.
Negli anni Settanta, il
femminismo l'adottò come eroina. Le studiose Karen Petersen e
J.J. Wilson, nella loro storia dell'arte al femminile,
scrissero: «Con la sua onestà artistica e personale e il suo
eroismo, Frida Kahlo è diventata l'emblema di tutte le donne che
lottano alla ricerca di una forma artistica capace di contenere
la loro colonna vertebrale spezzata, le loro proprie
trasfigurazioni».
«... E’ la prima volta nella storia dell’arte che una donna
esprime con totale sincerità scarnificata e - potremmo dire -
tranquillamente feroce, i fatti e i particolari che riguardano
esclusivamente la donna. La sua sincerità, che si potrebbe
definire insieme molto tenera e crudele, la portò a dare di
certi eventi la testimonianza più indiscutibile e sicura; é
perciò che dipinse la sua stessa nascita, il suo allattamento,
la sua crescita all'interno della famiglia e le sue terribili
sofferenze, di ogni cosa senza mai permettersi la minima
esagerazione né divergenza dai fatti precisi, mantenendosi
realista e profonda, come lo é sempre il popolo messicano nella
sua arte, compresi i casi in cui generalizza fatti e sentimenti,
arrivando alla loro espressione cosmogonica...»
Diego
Rivera, pittore e marito di Frida Kahlo -
«Com'era Frida? Era un reattore
ad alto potenziale che emetteva scariche costanti. Conosceva il
senso più profondo di quello che chiamano entusiasmo. Aveva
bisogno dell'esaltazione che si intreccia con l'amore,
l'allegria e la verità. Ornava la verità, la verità, la
sminuzzava, la estraeva, la provocava, ma non la travisò mai.
Era candida: credeva nella gente, nella sua parola, nella sua
storia, nelle sue potenzialità, nei suoi sogni, nelle sue
qualità. Era gelosa: gelosa delle proprie passioni, del proprio
odio, della propria singolarità. Se in questo vi fu vanità,
capriccio, insolenza, non vi fu mai stupidità o superbia. Non
conosceva l'umiltà, perché non conosceva la rassegnazione. Frida
è un paradosso estremo che esemplifica il potere della
ribellione contro il destino, il trionfo di una presa di
posizione, della bellezza di ogni essere cosciente, della
volontà scagliata come una freccia contro il destino avverso».
Raquel Tibol (critica d'arte)
Grazie al contributo del sito:
http://pagineazzurre.forumcommunity.net
Nella pittura di Frida la sfera femminile è spogliata di ogni
elemento di rassicurazione. Da rifugio della fantasia maschile
essa si fa perimetro di dolore e di convergenza dei sintomi
propri dell'inabilità fisica di attenersi ai ruoli femminili
prescritti, ad esempio nella tenace ricerca di una maternità
impossibile. Curativa, come ogni pratica di autocoscienza, di
visualizzazione e racconto di sé, per Kahlo la pittura è un modo
di venire a patti con il dolore e di tenere a bada la
disperazione, riguadagnando il controllo sull'immagine del
proprio corpo frantumato e sterile. Dipingere le rende possibile
sia una trionfante riaffermazione di narcisismo sia una
simbolizzazione del dolore e della sofferenza. Frida, che
inizialmente dipinge solo per sé, a poco a poco riesce a
trasformare in visione e in pratica artistica quella che
all'origine altro non era che una strategia di sopravvivenza.
Plath che,
come Kahlo, sceglie di rendere il corpo femminile nella sua
nudità più degradante, nei suoi aspetti più vergognosi e
rimossi: putrefazioni, escrezioni, vomito, urina, piaghe e
cicatrici del corpo e della psiche, materia onirica senza
mediazione interpretativa. Dove l'abietto diventa "modalità
per uscire dallo sguardo voyeuristico delle immagini patinate,
via per dire altrimenti, per porsi fuori dallo sguardo
pornografico, per sconfessare la superficie".
Se Plath
scrive "There are two of me now: this absolutely white person
and the yellow one" e, nel tentativo di svincolarsi da un
ideale astratto e aconflittivo di perfezione 'femminile'
combaciante con le figure convenzionali della femminilità,
dichiara di assumere come propria anche la sua parte "ugly
and hairy", sconveniente e imperfetta, Kalho mette
letteralmente in scena le ambivalenze, gli sconfinamenti, le
cannibalizzazioni che sfocano i limiti tra mio e tuo, sé e altro
da sé, conscio e inconscio.
Forse è
per questo che Frida, né eroina femminista né modello di
riferimento possibile per le donne, straziata com'è dalla
dipendenza amorosa e da un uso perverso, sacrificale e
ricattatorio insieme, del proprio corpo malato, è per
consapevolezza e lucidità un tipo femminile esemplare. Frida che
ha passato la vita a guardarsi allo specchio e a dipingere
quello che vedeva: un volto d'erba e di pietra, mutevole e
immobile come un paesaggio, trafitto e fissato da uno sguardo
frontale, sfacciato, totalmente impudico; un corpo che le
infermità e gli infortuni del cuore hanno, alla lettera, mandato
in frantumi; una sofferenza psichica fattasi a poco a poco
familiare come una casa abitata da sempre. Frida regista e
voyeuse di se stessa, fondatrice dei suo mito. Che proprio negli
ultimi quindici anni Kahlo sia diventata un oggetto di culto non
è difficile da spiegare. Sono stati anni di costruzione di nuovi
modelli femminili e femministi, di grande emancipazione anche
professionale delle donne. "La vicenda di Frida", secondo
Hayden Herrera, a tutt'oggi sua insuperata biografa, "è
stata
assunta
a modello di resistenza,
forza, determinazione. Kahlo ha dimostrato che, anche per una
donna e per di più nelle sue condizioni, è possibile non
arrendersi".
Il
testo è tratto da "Lapis", 1996, n. 31.
La rivista puo' essere richiesta alla segreteria della Libera
Università delle donne
Queste le parole di
Achille Bonito Oliva per descrivere Frida:
"Libera,concreta e
femminile: ecco l'arte di una pasionaria."
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