Nei
meandri della fantasia
Emanuele Severino
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La fantasia è l' insieme delle
«immagini originarie», delle «forme di rappresentazione più antiche e
più generali dell' umanità»: gli «archetipi» (ad esempio il divino).
«Diffusa dappertutto», la fantasia «appartiene ai misteri della storia
dello spirito umano». Così scrive Carl Gustav Jung.
Platone vede nelle «idee» le immagini originarie di tutte le cose, gli
archetipi; così originarie da essere le stesse cose originarie. Ma per
lui la conoscenza delle idee non appartiene ai «misteri» dello spirito
umano, bensì alla scienza della «verità» a cui solo il filosofo è capace
di sollevarsi e che dunque è l' opposto della «fantasia» intesa come
evocazione misteriosa, e quindi da ultimo oscura e arbitraria, di mondi.
Eppure è necessario risalire molto più indietro di ogni archetipo a cui
l' uomo si sia rivolto lungo la propria storia. Ci si imbatte nella
forma originaria della fantasia, di cui tutti quegli archetipi sono
derivazioni.
Da tempo chiamo «terra» la storia dell' uomo e delle cose che gli si
fanno incontro. Infatti si può pensare che la più antica origine di
questa parola indichi il venire e l' andare, l' insieme di ciò che va e
viene: il seno e la voce materna, la luce e la casa, uomini e dèi, il
dolore e il piacere: cose terrestri e celesti, giacché anche il divino
raggiunge i mortali a un certo punto della loro vita e poi da molti di
essi si allontana. La terra: gli stormi delle cose che vengono e vanno.
Da che cosa è accolta la terra? Da che luogo si allontana? I mortali
appartengono alla terra: nascono e muoiono. Ma l' uomo non è un mortale.
Egli è il luogo eterno in cui appare ciò che da sempre la verità è
destinata ad essere: il «destino della verità del Tutto»; essenzialmente
diversa da ciò che i mortali hanno inteso con le parole «destino» e
«verità». Nell' uomo sopraggiunge la terra. Ma insieme ad essa
sopraggiunge e si fa dominante, la convinzione che l' uomo sia un
mortale, e con lui tutte le cose; ed egli vive come se in verità lui e
le cose lo fossero. Ma in verità ogni cosa è eterna. Non solo le
«anime», come invece pensa Platone, ma anche i «corpi», e tutti gli
stati delle une e degli altri.
Anche la terra è eterna; e anche quella ingannevole convinzione che
separa la terra dal destino della verità. Com' è lontano questo discorso
da tutto ciò di cui sono convinti i mortali! La sua inevitabilità non
può essere, qui, neppure lontanamente indicata. Qui si tratta solo di
mostrare, da lontano, in che senso è necessario risalire molto più
indietro di ogni archetipo evocato dai mortali. Tanto indietro da poter
scorgere che sia la «verità» dei mortali sia la loro «fantasia» hanno la
stessa anima e che quest' anima è la forma originaria della fantasia. In
una delle sue accezioni più comuni, la fantasia è la capacità di portare
alla luce mondi diversi da quello quotidiano o da quello che è
ragionevole ritenere esistente. Ma questi due tipi di mondi, cioè di
andirivieni, entrambi evocati dai mortali, appartengono alla terra. Essa
è il fondamento non solo della sapienza di questo mondo e della sapienza
di Dio, ma anche della fantasia.
E la terra si inoltra nel luogo eterno del destino della verità. Ma non
basta. La maggior parte di coloro che leggono queste righe stanno
pensando che esse non abbiano nulla a che fare con la «realtà» e la
«serietà della vita». Fantasie, appunto. Ma anch' essi sanno
infinitamente di più di quanto credono di sapere. Sono l' apparire del
destino. L' autentica fantasia originaria è cioè la convinzione che la
«realtà» con cui noi abbiamo sicuramente a che fare sia, appunto, le
cose che vengono e vanno, terrestri o celesti, le cose della terra; e
ormai si pensa che tutte le cose vengano dal nulla e vi vadano. Tutto è
avvolto dalla morte. Chiudendosi in questa persuasione i mortali vivono
nella terra separata dal destino della verità, nella terra che appare
sfigurata, irretita, trascinata in basso. La terra dei morti. La
fantasia originaria è la separazione della terra dal proprio destino.
Una metafora può forse aiutare a comprendere queste affermazioni -
purché non si dimentichi che la filosofia autentica non è metafora, ma
il pensiero più radicale, essenzialmente più radicale e inevitabile di
ogni altra forma di sapere, scienza compresa. Quando i cacciatori vedono
gli stormi di uccelli attraversare il cielo, non è che il cielo non lo
vedano più. Non si produce in essi qualcosa come un «oblio» del cielo e
del più alto dei cieli - quale invece secondo Platone si spalanca nelle
anime che hanno perduto le ali e non riescono più a vedere gli archetipi
che appaiono nella «pianura della verità». Quei cacciatori, il cielo, lo
vedono ancora, ma son tutti presi dal volo degli uccelli e se qualcuno
parlasse loro del cielo direbbero che le sue son fantasie e che sono gli
uccelli le cose con cui essi hanno sicuramente a che fare. Son tutti
presi dal volo degli uccelli perché non mirano ad altro che a prenderli,
gli uccelli; ed effettivamente li prendono, e gettan loro addosso le
reti e li sfigurano e, separandoli dal cielo, li trascinano giù in basso
e li uccidono.
La fantasia originaria è il volo irretito degli uccelli. L' arte tenta
di rievocare il libero volo, ma, per quanto splendente, rimane anch'
essa all' interno della rete, mostrando il volto sfigurato della terra.
Giacché ora si può capire che, nella metafora, il volo degli uccelli
corrisponde alla pura terra, il cielo al destino della verità. La rete
dei cacciatori corrisponde dunque alla volontà di potenza che isola la
terra dal destino della verità. Tale isolamento è la forma originaria
della fantasia. Su di essa si fondano le forme derivate: religioni e
miti, filosofia, arte, scienza: tutti i morti pensieri e le opere morte
dei mortali.
(14 settembre 2008) - Corriere della Sera
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