IL 14, POSTUMO
Ahimè
Postumo, rapidi,Postumo,
fuggono gli anni e non c’è preghiera
che ti eviti l’aggressione alle
rughe,
la vecchiaia, il confronto con la
morte,
anche se t’illudessi per tutta la
vita,
amico mio, di strappare con offerte
senza fine una lacrima a Plutone:
fra le sue onde di tenebra incatena
esseri incredibili, quelle onde
che chiunque viva su questa terra,
dal più povero al potente, tutti
noi siamo destinati a navigare.
Non serve evitare i rischi della
guerra,
dove s’infrange l’urlo del mare,;
non serve difendersi ogni autunno
dai venti che corrodono le ossa.
Credimi. Conosceremo il fiume della
morte,
il suo vagare inerte, opaco e le
figlie
maledette di Danao e Sìsifo
incatenato per sempre alla sua pena.
Lasceremo i campi, la casa, la donna
che amiamo e degli alberi che ora
coltivi
nessuno, se non questo cipresso
odioso,
seguirà un padrone così effimero.
Il tuo erede, meno sciocco si berrà
il cecubo che difendi con cento
chiavi
e di quel vino generoso, che sfida le
cene
dei pontefici, bagnerà la terra.
Orazio
Da “Amore e Amicizia”
Baldini Castoldi Dalai
|
SONO VERTICALE
Ma preferirei essere
orizzontale.
Non sono un albero con la
radice nel suolo
che succhia minerali e amore
materno
per poter brillare di foglie
ogni marzo,
e nemmeno sono la bella di
un’aiola
che attira la sua parte di ooh,
dipinta di colori stupendi,
ignara di dover presto
sfiorire.
In confronto a me, un albero è
immortale,
la corolla di un fiore non
alta, ma più sorprendente,
e a me manca la longevità
dell’uno e l’audacia dell’altra.
Questa notte, sotto
l’infinitesima luce delle stelle,
alberi e fiori vanno spargendo
i loro freschi profumi.
Cammino in mezzo a loro, ma
nessuno mi nota.
A volte penso che è quando
dormo
che assomiglio loro più
perfettamente-
I pensieri offuscati.
L’essere distesa mi è più
naturale.
Allora c’è aperto colloquio
tra il cielo e me
e sarò utile quando sarò
distesa per sempre:
forse allora gli alberi mi
toccheranno e i fiori avranno
tempo per me.
28 marzo 1961
Sylvia Plath
Santa Cecilia di Stefano Maderno
La morte
La morte, Tua schiava, è
alla mia porta.
Ha attraversato il mare
sconosciuto
e ha recato alla mia casa
il Tuo richiamo.
La notte è buia e il mio
cuore è spaurito
eppure prenderò la lampada,
aprirò le porte
e m’inchinerò dandole il
benvenuto.
E’ il tuo messaggero che
sta alla mia porta,
l’adorerò a mani giunte, e
in lacrime.
L’adorerò ponendo ai suoi
piedi
il tesoro del mio cuore.
Fatta la commissione, se ne
ritornerà
lasciando un’ombra oscura
sul mio mattino;
e nella mia casa desolata
rimarrà
solo il mio corpo
abbandonato
come mia ultima offerta a
Te.
Rabindranath Tagore
|