Se
fossero coerenti, se credessero nelle parole che
pronunciano, i politici dovrebbero proclamare almeno una
giornata di lutto nazionale per tutti i morti sul lavoro.
Siamo stufi di discorsi rituali o di propaganda elettorale,
siamo stanchi di vedere varare leggi costantemente
disattese. Siamo stanchi di sentire rombare tamburi quando
si parla di sicurezza e poi sapere che i morti sul lavoro
sono davvero tanti, troppi nell'indifferenza generale. Non
ci sono marce di leghisti quando si toccano gli
imprenditori, nè scioperi generali...
"Un
lavoro per vivere e non per morire" è la scritta che apre
la manifestazione di oggi in segno di solidarietà alle
vittime dell'ennesima strage sul lavoro avvenuta a
Molfetta che ha visto morire cinque persone per chiedere
l'immediata
approvazione dei decreti attuativi del Testo unico sulla
sicurezza sul lavoro. Hanno partecipato migliaia di persone,
tra le quali molti giovani.
Ci
vogliono queste notizie a scuotere l’opinione pubblica, ma
l’opinione pubblica poi dimentica in fretta come se davvero
la vita fosse "blob":
una notizia porta via l'altra e tutto continua come prima.
Medicina Democratica dice che cinque morti sul lavoro in
un giorno sono davvero tanti. Eppure sono dentro la
statistica! Le statistiche, infatti, parlano di una media di
quattro morti al giorni per infortunio sul lavoro ed
è comunque una statistica sottostimata.
Non sono compresi quei lavoratori, gli immigrati, che non
sono registrati come tali, mancano quegli altri lavoratori
che sono rimasti vittime di incidenti stradali perché
stanchi e affaticati dalla guida o dal lavoro precedente,
mancano le vittime di esposizione ad agenti cancerogeni e
tossici che quasi mai o a grande fatica riescono a
dimostrare che la causa della loro morte è il lavoro.
Tutto
succede quasi fosse un fatto normale, un pegno da pagare
alla nostra società e al nostro benessere. Quasi fossimo in
guerra e in guerra che qualcuno muoia è inevitabile.
Ma ciò
che spaventa di più è che anche se si sono fatte e si stanno
facendo delle leggi a migliore tutela della sicurezza nei
luoghi di lavoro, si sono fatte altre leggi che hanno aperto
la strada alla deregolamentazione del lavoro,
e c’è chi vorrebbe liberalizzarlo completamente. Se questi
dovessero passare conteremmo altri morti, altri feriti,
altri disperati.
Chi
ha voluto ricordare questa tragedia è un film
di Segre
presentato il 12 febbraio
2008 in anteprima alla Camera dei
Deputati: "Morire
di lavoro", un film sul dramma del lavoro senza
sicurezza e senza dignità che fa parlare gli operai e i
parenti delle vittime del lavoro
"Alberto
Manzi una volta insegnava agli italiani a leggere e a
scrivere, - ha affermato a margine della presentazione
Segre - oggi qualcuno dovrebbe insegnare agli
italiani a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Io
ho preso ad esempio il settore dell'edilizia perchè e' tra
quelli più colpiti dagli incidenti. E' un'urgenza drammatica
quella che vive il nostro paese, ed era necessario che il
cinema intervenisse".
‘Morire di lavoro’ è un susseguirsi di
volti di muratori e delle loro mogli e madri, che li hanno
visti uscire di casa la mattina presto, per non ritornare
mai più. E si dicono parole, che toccano dentro, e fanno
male: “Manca il coraggio di parlare in cantiere,
di dire basta, questo non lo faccio più”, “Quando
arriva un ispettore del lavoro, scappiamo”; mentre un
muratore di colore, mai regolarizzato, “parla” da morto:
“In Africa diciamo che anche a un elefante basta un giorno
per morire, qui in Italia
ho capito che l’elefante ero io, e che per morire in
cantiere mi bastavano solo due ore”.
“Per me
questa umanità sconfitta e dolente rappresenta -
continua il regista - la vera
Italia, quella che lavora e fa figli fra mille difficoltà.
Tra l'altro nella maggior parte si tratta di famiglie
numerose che dovrebbero essere premiate per la capacità di
vivere e resistere con pochi soldi; per non parlare dei
sopravvissuti agli incidenti, molti dei quali non sono più
in grado di lavorare o di svolgere al meglio le proprie
funzioni professionali; e per non parlare delle vedove e
degli orfani.
Vorrei che questo viaggio potesse arrivare in tutte le case
degli italiani, magari in prima serata su Raiuno,
senza pubblicità, in una trasmissione dedicata alla
sicurezza nel mondo del lavoro. E poi nelle scuole, nei
luoghi di lavoro, nelle sale cinematografiche”