La
primavera era finita.
Anche l'estate.
La foglia Muriel si era fatta grande. La sua
parte mediana era larga e robusta; i suoi cinque
lobi diritti e appuntiti.
In primavera, quando aveva fatto la sua
apparizione, non era che un piccolo germoglio su
un ramo abbastanza grosso, prossimo alla cima di
un albero maestoso.
Muriel era circondata da centinaia di altre
foglie uguali a lei, o che almeno così
sembravano. Ma non tardò a scoprire che non
esistevano due foglie uguali, neanche sullo
stesso albero. Accanto a lei c'era una foglia
che si chiamava Marjorie. Monica era la foglia
alla sua destra, mentre quella così graziosa che
le pendeva sul capo aveva nome Magda. Erano
cresciute tutte insieme: insieme avevano
imparato a danzare con le brezze primaverili, a
dondolarsi mollemente al sole d'estate, a
lavarsi sotto lo scroscio rinfrescante delle
piogge.
Ma l'amica del cuore di Muriel era Marta. Marta
era la foglia più grande del ramo, e si sarebbe
detto che fosse stata lì prima di tutte le
altre. Era anche la più saggia e la più esperta,
o così almeno sembrava a Muriel. Fu Marta ad
informare le altre che facevano parte di un
albero. Fu Marta a spiegare che quell'albero
cresceva in un giardino pubblico. Ancora Marta
disse loro che l'albero aveva solide radici
nascoste laggiù, sotto terra. E poi racconto del
sole e della luna, delle stagioni e delle
stelle. Parlò degli uccellini che si posavano
sul loro ramo per intonare canti mattutini.
Muriel era contenta di essere una foglia. Le
piaceva il suo ramo e voleva bene alle sue
sorelline. Che soddisfazione trovarsi lassù nel
cielo, scaldata dai raggio del sole, animata dal
gioco del vento, toccata dalle ombre candide e
soavi della luna!
L'estate soprattutto era stata bellissima. Che
delizia quelle giornate così lunghe, così calde.
E che pace, in quelle tiepide notti.
C'era stata gran folla d'estate nel giardino.
Spesso la gente veniva a sedersi sotto l'albero
di Muriel. Marta le aveva spiegato che uno degli
scopi dell'albero era fare ombra.
"Che cosa è uno scopo?" aveva chiesto Muriel.
"Uno scopo è una ragione di essere. - aveva
risposto Marta - Rendere le cose più gradevoli
agli altri è una ragione di essere. Altra
ragione di essere è fare ombra ai vecchi che
vengono qua sotto per sfuggire al caldo che c'è
a casa loro, e così pure offrire un angolino
fresco ai bambini che si radunano a giocare, e
far vento tutte insieme alla gente che siede
sull'erba e fa picnic su una tovaglia a scacchi.
Tutte queste sono ragioni di essere".
Muriel trovava simpatici soprattutto i vecchi.
Sedevano sul prato, tranquilli, silenziosi, e se
ne stavano così, senza muoversi o quasi. A bassa
voce chiacchieravano del tempo passato.
Anche i bambini però erano uno spasso, se bene
qualche volta incidessero nella corteccia il
loro nome o vi scavassero dei buchi. Ma
pazienza! Era così bello sentirli ridere,
vederli correre senza mai stancarsi.
Presto l'estate di Muriel finì.
Accadde in una notte di ottobre. Muriel non
aveva mai avuto tanto freddo. Tutte le foglie
tremavano intirizzite. Erano ricoperte da
un'esile guaina bianca, che infine si sciolse,
lasciandole bagnate di gelida guazza e lucenti
nel sole del mattino.
Fu ancora Marta a spiegare come stessero le
cose. Disse che avevano sperimentato per la
prima volta la brina. La brina annunciava che
oramai era autunno e che tra poco sarebbe
arrivato l'inverno.
Ed ecco che quasi di punto in bianco tutto il
giardino cambiò aspetto, vestendosi di una gran
varietà di colori. Non restava una sola foglia
verde. Marjorie era diventata di un giallo
intenso, Monica di un allegro arancione. A Magda
era toccato un bel rosso fiamma e a Marta un
viola austero, mentre Muriel era vestita di
rosso, di oro e di turchino. Le foglie erano uno
splendore: Muriel e le sue amiche avevano
trasformato l'albero in un arcobaleno.
"Ma come mai siamo tutte di colore diverso -
domandò Muriel - dal momento che apparteniamo
allo stesso albero?"
"Ciascuna di noi è diversa. Abbiamo vissuto
esperienze diverse. Ognuna si è esposta al sole
a modo suo. Ognuna ha proiettato l'ombra
diversamente. Come potremmo non aver colori
diversi?"
Marta diceva cose piene di buon senso. Poi
comunico a Muriel che quella stagione si
chiamava autunno.
Un giorno accadde un fatto molto strano. Le
brezze, che in passato invitavano a ballare,
presero ad infierire sulle foglie, a scrollarle,
a tormentarne i piccioli. Qualche foglia dovette
lasciare suo malgrado il ramo. Si staccò
rimanendo in balia del vento, volò un poco qua e
là e si posò a terra dolcemente.
Tutte le foglie rabbrividivano di paura.
"Che diamine succede?" chiedevano le foglie
bisbigliando appena.
"E' quanto capita in autunno - disse Marta - è
tempo per le foglie di andare a stare altrove.
Dicono alcuni che questo si chiami morire".
"E moriremo tutte?" domandò Muriel.
"Certo - rispose Marta - non esiste cosa che non
muoia. Non importa che sia piccola o grande,
fragile o robusta. Per un po' compiamo il nostro
lavoro, sperimentiamo il sole o la luna, la
pioggia e il vento, impariamo a ridere e a
ballare. Poi, alla fine, moriamo".
"Ma io non voglio! - esclamò Muriel decisa - Tu
vuoi morire, Marta?".
"Io si - replicò Marta - quando sarà la mia
ora".
"E quando arriverà?" domandò Muriel.
"Questo, nessuno può saperlo con certezza"
rispose Marta.
Muriel si accorse che le altre foglie
continuavano a staccarsi dai rami. "Si vede -
pensò - che la loro ora è già suonata". Notò che
qualcuna, prima di cadere, si dibatteva nel
vento. Altre semplicemente si lasciavano andare
e quietamente scendevano giù.
In poco tempo l'albero rimase quasi nudo.
"Io ho paura di morire - disse Muriel a Marta -
Io non so cosa ci sia, là dove cadiamo".
"E naturale, Muriel - la rassicurò Marta - Chi
non ha paura dell'ignoto? Però tu non ti sei
spaventata quando la primavera è diventata
estate e nemmeno quando l'estate è diventata
autunno. Sono stati cambiamenti naturali. E
allora, perché temere la stagione della morte?"
"Anche l'albero muore?" chiese Muriel.
"Sì, un giorno morirà anche lui. Ma esiste una
cosa più forte anche dell'albero. La Vita. Lei
non muore mai. Tutti noi siamo parte della
Vita."
"E dove ce ne andremo quando saremo morte?"
"Nessuno può dirlo con sicurezza. Questo è il
grande Mistero!"
"Credi che torneremo in primavera?"
"Noi forse no, ma la Vita si."
"Ma allora, quale è la ragione di tutto ciò? -
Muriel non la finiva più con le domande - A che
scopo siamo state qui, se dovevamo cadere e
morire tutte quante?"
Marta le rispose con il solito buon senso:" Lo
scopo è stato conoscere il sole e la luna.
Vivere insieme felici e contente. Fare ombra ai
vecchi e ai bambini. Vestirci dei colori
dell'autunno. Conoscere le stagioni. Ti sembra
poco, Muriel?"
Quel pomeriggio stesso, nella luce dorata del
crepuscolo, Marta si lasciò andare. Cadde senza
sforzo, e nel cadere parve sorridere serena.
Disse:" per il momento, arrivederci, Muriel"
Da quel momento Muriel rimase sola.
Sul ramo non c'era che lei.
L'indomani cadde la prima neve. Era soffice,
bianca, carezzevole. Ma fredda, troppo fredda.
Quel giorno fu molto breve e il sole non
comparve. Muriel si accorse di rattrappirsi, di
raggrinzirsi, di scolorire. Faceva un freddo
terribile, e la neve le gravava addosso.
All'alba si levò il vento e la rubò al suo ramo.
Muriel non sentì male. Fluttuò verso terra
dolcemente, lentamente, in silenzio.
Mentre cadeva vide per intero il suo albero.
Come era forte e ben piantato! Sicuramente
avrebbe vissuto ancora molto tempo. Era stata
parte della sua vita, e ne andava fiera.
Muriel atterrò su di un monticello di neve. Era
soffice e, stranamente le parve quasi tiepido.
In quella posizione insolita si sentì comoda
come non era mai stata in vita sua. Chiuse gli
occhi e si addormentò.
Non sapeva che, dopo l'inverno, sarebbe tornata
la primavera, che la neve si sarebbe sciolta per
diventare acqua. Non sapeva neppure che lei,
secca e ormai in apparenza priva di scopo, si
sarebbe impregnata di quell'acqua ed avrebbe
contribuito ad irrobustire l'albero. Ma
soprattutto non sapeva che, a due passi da lei,
celati sotto terra, cerano già i progetti per
fabbricare foglie nuove, in primavera.
L'inizio.