15
marzo 2007
L’ASSENZA
Ecco, anche stasera arriva l’ora in cui tutti vanno a dormire. Io metto il
pigiama e mi preparo per la notte, ma da tempo, la mia, non è mai una
buona-notte.
Da quando non ci sei, amata Katia, la mia insonnia mi regala ore notturne
da riempire come voglio. Sono, per questo, molto impegnata nel volere a
tutti i costi pilotare almeno i miei sogni: almeno questo, visto che la
vita è stata così crudele con noi! Oggi è il tuo Compleanno:
milleduecentosessantotto incredibili giorni senza la tua luminosa
presenza.
Mi sembra impossibile aver avuto la forza di sopravviverti. Non potevo
crederci. Da quel maledetto giorno, ogni sera mi dicevo: anche oggi è
passato…
Ho attraversato tutti i territori del dolore, in tutte le sfumature
possibili. Tutto è inciso come una lama tagliente nel mio cuore che
scalpita come un cavallo imbizzarrito. Dopo l’incredulità, dopo la rabbia,
dopo il trauma, dopo il dolore, dopo il vuoto, l’ASSENZA!
Ecco allora i miei tentativi assurdi di riprenderti per mano e condurti
nel mio sogno. Mi concentro: ripasso a memoria tutti i momenti più belli
della nostra vita insieme e…aspetto. Aspetto. Ogni notte stringo nelle
braccia il tuo cuscino, quello che ha raccolto le tue speranze, i tuoi
sogni, le tue pene e i tuoi ultimi sospiri. Poi ci affondo la testa nella
stupida vana chimera di ritrovare una traccia di te. Cerco di non muovermi
per non spostare l’illusorio scenario costruito alla perfezione nella mia
mente. Odori, colori, sapori... Manchi solo tu. Tutto il resto è pronto.
Ci sono i luoghi che hanno storie da raccontare perché noi li abbiamo
attraversati insieme. E aspetto. Aspetto. Passano le ore, passano
inesorabili e io resto nel buio della notte nell’attesa dell’evento. Tic
tac, tic tac, l’orologio a pendolo batte i minuti e le ore. E’ notte, ma
nonostante questo, fuori la vita che continua si fa sentire. Dalla
finestra arriva in lontananza il fischio del treno…Il camion della
raccolta dei rifiuti rumorosamente sosta sotto il palazzo, sento il
frastuono metallico dei suoi artigli quando aggancia i contenitori… Due
ubriachi inveiscono l’uno contro l’altro e sento il rumore di bottiglie
che finiscono per terra frantumandosi. Le loro voci si rincorrono
biascicando le frasi che non riesco a decifrare. I gabbiani con i loro
versi stridenti volano bassi sul cielo scuro… Questi rumori hanno un
potere evocativo tremendo, mi riportano indietro nel tempo… Gli stessi
rumori di quelle tragiche notti di dolore… Si riapre automaticamente la
ferita mai rimarginata… Immagini di spasimi, di atroci paure… No! No,
questo non è giusto. Non è umano sopportarle ancora. Voglio ricordare di
te solo immagini felici! Non debbo lasciare che prendano il sopravvento
quelle tragiche. Voglio che il sogno prenda corpo e si nutra solo del
meglio che hai vissuto. La vita senza di te è già difficile da vivere
durante il giorno, che almeno nel sogno io possa afferrare un frammento di
gioia. Che io possa sedermi accanto a te e sentirti parlare, qualsiasi
argomento, tranne della malattia che ti ha tradito e portata via. Di una
cosa qualsiasi, anche la più banale e sciocca, pur di riascoltare ancora
quella tua voce! Che io possa sentire ancora quella risata che sapeva
trascinarti nella gioia più completa, che aveva la capacità di farti
ridere anche se non c’era nulla per cui ridere. Prenderti per mano,
toccare le tue mani affusolate, la tua morbida pelle, sentire il tuo
odore, respirare la tua stessa aria… Illusione, pura illusione! Non mi
resta che questo. Sognare di te che ti sposi. Di te che finalmente, dopo
averlo desiderato tanto, metti al mondo un bambino. Si, quel bambino che
tanto avresti voluto. Quel bambino che, come è scritto nel tuo diario, è
l’unico rammarico. L’unico! Si, è proprio così, nel sogno io posso
regalartelo! Posso ancora farti dei regali. Posso sorprenderti ancora,
farti sorridere, cantare, discutere… Questi sogni probabili mi tengono
occupata. Inoltre, quando ascolto alla TV, oppure leggo sul giornale
qualche notizia di cronaca che inevitabilmente pone interrogativi sui
valori (perduti) della nostra società, di come stanno cambiando le
persone… ecco, mi piacerebbe analizzare con te gli accadimenti, come
facevamo un tempo. Così, anche quando sta per uscire un nuovo film: subito
penso che avremmo voluto andare a vederlo insieme per poi dissertare per
ore… Quindi la notte ti vengo a cercare. Mi manchi, mi manchi, mi manchi!
Allora nel buio totale tento l’impossibile. Sono molto presa
nell’imbastire, come una trama, il sogno da costruire nella notte che si
prepara ad arrivare. Voglio continuare a parlare con te che dicevi spesso:
“Quanto ci piace chiacchierare!” E non è tutto: voglio darti tutto quello
che non hai avuto, quello che non hai fatto in tempo a vivere. Quel
viaggio a Parigi che rimandavi sempre. Quello in Brasile, dalla cugina
AnaMaria, dove di sicuro avreste fatto le pazze scatenate, come quando lei
venne a Roma. Quello tanto desiderato, in Messico, per andare nei siti
archeologici che ti affascinavano tanto, ma soprattutto per andare a
toccare con gli occhi la casa azzurra di Frida Khalo. Per cercare di
cogliere l’atmosfera che visse in quelle stanze la tanto amata Frida, per
coglierne i colori, l’essenza delle sue gioie e dei suoi dolori, e magari
tornare dal viaggio convinta di aver assorbito un frammento della sua
anima. Sì, perché, Katia cara, avevi una fantasia incredibile, le cose per
te non avevano mai un solo significato. Quello che vedevi tu era oltre…,
era tutto da scoprire, inventare… identificare.
Le ore passano ed io sono ancora in attesa…
Ma anche con i sogni a quanto pare non sono fortunata: sono
anni che lavoro a questo progetto ma non sono ancora
riuscita a portarlo a buon fine. E il desiderio di te si
amplifica a dismisura. Anche quando riesco a mettere in
scena una parte più o meno bella, ecco che crolla la fragile
impalcatura. Il tutto dura soltanto pochi attimi. Lo
scenario si sbriciola cadendo giù come un castello di
sabbia. I pezzi raccolti non riesco a tenerli insieme il
tempo necessario per costruire una situazione, uno scampolo
di storia… Ecco, forse questa volta ci siamo:
all’improvviso, come un lampo, prende forma la tua immagine…
i capelli al vento, ecco che ondeggia la tua sottile e
flessuosa figura, sto per entrare anch’io nella scena,
faccio alcuni passi verso di te e… inesorabilmente tutto
scompare lasciandomi l’amaro in bocca. Ogni notte, sera dopo
sera, ricomincio, e ricostruisco la storia. Con cura preparo
tutto, come fosse un quadro, persino i colori più sgargianti
e luminosi per illuminare le probabili scene… Poi
aspetto…Aspetto. Tic, tac…tic, tac ...
mamma Bruna