Eccomi qua: finalmente di nuovo al lavoro. Per ragioni di salute trasferita temporaneamente al Banco-Posta Io sono felice e con me coloro che mi hanno sostenuta, soprattutto perché una volta tanto ha vinto la logica della tutela della salute del lavoratore su quella del potere e dei falsi invalidi. Così, nonostante la paura di qualcosa catapultato violentemente nella mia vita,che peraltro dovrò tenere sotto controllo, mi dico che almeno avrò l'occasione di intraprendere una nuova esperienza professionale. Entro in questo ambiente, ed a prima vista e superficialmente, mi appare estremamente distratto, un tantino nevrotico e anche un po’ snob. Nel pochissimo tempo che ho a disposizione per pensare, mi accorgo dopo soli pochi giorni di lavoro al fianco dei nuovi colleghi, che evidentemente la mia osservazione era un po’ distorta. Sicuramente è così anche per come si vede il tutto attraverso il vetro blindato che divide i lavoratori del Banco Posta da tutti gli altri lavoratori, che però in quel momento stanno facendo la fila e sono perciò dall’altra parte della barricata. Il vero guaio è la mancanza di comunicazione con l'esterno: è come se si vivesse in un "mondo a parte". "Questo mondo a parte" si è creato un suo modo di esistere e di sopravvivere che talvolta può essere frainteso. Come d’altra parte ho fatto anch'io prima di entrarvi e di conoscerne gli aspetti. Infatti, quando sentivo su di me il peso della diffidenza di alcuni, che non mi sentivano parte del gruppo mi sentivo insicura e sospettosa verso tutti. Solo per poco è durata questa impressione personale perché un momento dopo mi sono trovata a dovermi difendere da tutt'altro che dai miei colleghi. Piuttosto dall'assurda recita del "tutto sotto controllo" anche quando ogni cosa sembra dover crollare da un momento all'altro sotto il peso dell'evidente disastro. Quella che vado narrando è una "normale" giornata di metà luglio trascorsa dietro gli sportelli di “Roma Prati”. I fatti e le persone descritti non sono frutto della fantasia ma esclusivamente fatti e persone reali. Davanti l’edificio delle poste gia prima dell’apertura c’è un piccolo gruppo di persone che aspetta…
ORE 9: Apertura dei cancelli. La gente corre verso gli sportelli come se dovesse guadagnarsi un posto al sole. La cassa non è ancora aperta e gli impiegati possono cominciare a "servire" esclusivamente coloro che garantiscono i soldi contati. Inevitabilmente partono le prime lamentele della giornata. Gli utenti naturalmente: “ Ma non si è mai visto niente del genere", “ Solo alle Poste accadono simili cose" ecc. ecc. Ecco questo accade agli impiegati che dall'inizio della loro giornata lavorativa devono conservare come nei Club Mediterranèe il loro smagliante sorriso e la loro dolce disponibilità anche quando di fronte a loro si trova un cerbero signore che l’ insulta per la lentezza delle macchine e li apostrofa: “postali"(come se fosse al momento il peggiore insulto di moda).La mancanza di educazione delle persone è regolata da contratto? Quale è la dose di sopportazione consentita? Ma cosa dico, quì siamo alla Posta di Viale Mazzini dove può succedere di tutto! Siamo aperti ad ogni possibilità…
ORE 10: Un conto corrente rimane impigliato dentro a una delle modernissime macchine. Di fronte ai continui sbuffi e sospiri degli utenti il "semplice postale" apre il macchinario infernale e cerca di risolvere senza l'aiuto di tecnici il problema, anche perché è perfettamente consapevole che esclusivamente da solo se lo deve risolvere. Così, avendo appreso l'arte di arrangiarsi, che è proprio di questi luoghi di lavoro. L’impiegato, dopo avere lottato strenuamente con gli ingranaggi per alcuni minuti, con il conto corrente che rischia di rimanere impigliato nella macchina… ecco che riesce ad averla vinta e con le mani sporche di inchiostro può continuare a sorridere alla vita ed a calmare gli utenti insoddisfatti.
ORE 11: Un impiegato ha urgente bisogno di andare in bagno. Ma che esigenza inopportuna! Come ci si può assentare con una fila così lunga di persone insofferenti che aspettano? Non ci si può permettere di avere dei bisogni fisiologici, perché non è detto che si possa contare su una sostituzione immediata (per quanto temporanea possa essere). Bisogna trattenersi, bisogna resistere… D'altra parte lo sappiamo che manca il personale no?
ORE 12: Questa volta sembra che la macchina non abbia solo mangiato il conto corrente ma che non ne voglia sapere più di andare avanti (la macchina può). Si riprova ad improvvisarsi "tecnici" ma questa volta senza successo, non funziona. "Questa macchina è rotta Signori, vi preghiamo di spostarvi gentilmente e, vi raccomando, rispettando la fila, allo sportello 14". Succede il finimondo I soliti furbi e prepotenti alla riscossa; alla faccia dell'educazione e del rispetto! Per poco non rimane qualche ferito sul pavimento tirato a lucido dell'Ufficio Postale. E le urla dei signori continuano a non risparmiarci insultandoci con appellativi non ripetibili.
ORE 13: I condizionatori d'aria si rompono (ricordo che siamo nel mese di Luglio, in un ambiente ermeticamente chiuso senza altre fonti di aria esterna). Niente paura! I prodighi impiegati continuano comunque imperterriti il loro lavoro e a sorridere, ed il loro sorriso pian piano si trasforma in una smorfia di disappunto, poi diventa una maschera di sudore e ancora una espressione che è difficile da descrivere. Riescono addirittura a svenire pur continuando a contare soldi, a lavorare per i loro tanto comprensivi utenti che si chiederanno a quel punto cosa siano quelle espressioni così buffe sui loro volti! Di sicuro penseranno: come sono strani questi Postali!
ORE 14: E' l'ora del cambio turno, ma io personalmente decido di restare per qualche ora per far fronte alla situazione di grande lavoro e soprattutto per verificare se il lavoro svolto durante la mattinata giungerà a una positiva conclusione. Le cose però, anziché migliorare, diventano più caotiche. Gli impiegati nel pomeriggio diminuiscono nel loro già esiguo numero. La gente invece continua ad essere numerosa e prosegue nelle lamentele e non me la sento di darle tutti i torti. Anzi! Io vengo letteralmente catapultata in un'altra postazione, su un'altra macchina a proseguire il lavoro della mattina. Lascio i soldi e la macchina di cui sono ancora responsabile nelle mani di una mia collega che prosegue così anche lei, nella più completa confusione, il lavoro che io stavo svolgendo. Dentro di me penso che non mi convincono per niente tutti questi spostamenti... Ma proseguo comunque pensando che probabilmente mi sto preoccupando eccessivamente e che devo solo abituarmi ancora ad una situazione così incasinata e provvisoria. In cuor mio mi auguro che siano solo giornate eccezionali e non la norma…
ORE 17: Un’ altra collega dall'aria gentile mi guarda e poi subito dopo guarda desolata la fila ancora lunga davanti al suo sportello. Dice che non aveva nessuna intenzione di fermarsi più di un paio d'ore, ma non avendo possibilità di sostituzione con abnegazione resta ancorata al suo posto. Potrebbe,logicamente ed umanamente, eventualmente chiudere lo sportello e andare giustamente a casa, ma chi lo spiegherebbe agli utenti che ha davanti? Sarebbero capaci di scatenare l’inferno in terra…
ORE 18: E' l'ora del controllo cassa. Signori e signore vi annuncio che al momento sono responsabile con tutta la mia inesperienza di ben due casse: bel tirocinio! Subito al centro dei problemi. Cerco fermagli ed elastici per ordinare il mio denaro. Ne raccatto qualcuno da terra, tra fogli e cartaccia disordinata. Ovviamente a quest'ora in cassa è finito tutto il materiale a disposizione di questo genere di cose. Controllo la prima cassa e tutto sembra quadrare fino all'ultima lira, solo un dubbio leggero mi sfiora la mente: “ Sarò capace di individuare le banconote false? Speriamo di si! Non ho tempo per pensarci troppo…Poi passo immediatamente alla seconda cassa e mi accorgo che mancano ben 330.000mila lire. Dovrò tirarle fuori di tasca MIA! Non c'è tempo per la disperazione: inizio a ricontare i soldi sperando in un errore per un calo di efficienza per la stanchezza ormai devastante. Forse vedendo la mia faccia stralunata accorre in mio aiuto la collega dall'aria dolce, ma niente da fare. Ricontiamo di nuovo. Niente! Dentro di me passo in rassegna i volti dei miei utenti, i gesti fatti durante l'intero corso della giornata, cerco di capire dove posso avere sbagliato, ma più cerco di non perdere il controllo più la confusione si impadronisce di me. I miei colleghi cercano in tutti i modi di rassicurarmi perché sanno che probabilmente ho commesso qualche errore grossolano che sicuramente verrà scoperto poi, ma io non riesco a calmarmi e non posso fare altro che continuare a fare controlli, continui calcoli, ripassare a mente tutta la giornata trascorsa nella speranza d’individuare dove ho sbagliato…
ORE 20: Praticamente dopo quasi dodici ore di lavoro continuato e una pausa di tre minuti per il pranzo, non sento più la mia schiena, (per fortuna sono approdata qui per problemi alla spina dorsale!). Mi chiedo prima di uscire dall'ufficio, se anche ai piani alti siano costretti a lavorare su quelle che qualcuno ha il coraggio di chiamare sedie e che un tempo forse avevano anche un poggia-schiena… Di una cosa sono certa: chi problemi di schiena non ne ha, nel giro di pochi mesi potrà fare apposita richiesta di risarcimento danni per procurata scoliosi, e tutto il resto legato alle problematiche dorsali! Fare delle richieste per poter lavorare degnamente sarebbe chiedere troppo? Forse una pretesa assurda per dei semplici postali?
ORE 21: Finalmente a casa! La testa è un continuo ribollire di cifre, conti, calcoli ma è anche il momento della riflessione. A questa categoria si chiede costantemente gentilezza, professionalità, affabilità, velocità ed efficienza; ma i mezzi che le vengono offerti sono altamente insufficienti sia in termini economici che in termini pratici.
Dopo una primissima ma superabile difficoltà di inserimento, in un ambiente lavorativo già praticamente ben affiatato e storicamente solidale ho capito una cosa fondamentale: che anche nei momenti più difficili, quando credevo di non farcela, c'era sempre qualcuno lì accanto a me. Qualcuno che mi spronava, che mi sorreggeva e che neanche per un attimo mi ha fatto sentire sola. Una frase, una parola, un sorriso: esisteva sempre, con mia piacevole sorpresa, qualche collega pronto a darmi una mano quando capiva che per me le difficoltà erano troppe. Mi è apparso chiaro, che di fronte ad un male comune ci si sente tutti partecipi di un medesimo destino ma soprattutto parte di un universo lavorativo che mostra le sue forti carenze di base sotto ogni punto di vista e incredibilmente le scarica su quanti, con un forte senso di responsabilità realmente lavorano senza sosta. Non certo, così dediti al lavoro perché gratificati dai stipendi o dal tipo di mansioni. Credo che in questo possa consistere il “segreto” del funzionamento malgrado tutto, del Banco Posta. Tutti, o quasi, non si fanno sommergere da così tanti problemi e dalle grettezze e dai piccoli ricattucci quotidiani di alcuni, soprattutto se alla base c'è un tesoro immenso come la solidarietà e la comprensione reciproca. E’ proprio qui che va cercata la vera forza di questi incredibili lavoratori del “Banco posta di Roma Prati”.
Katia Verdone
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