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Barnaba Fornasetti
La casa delle farfalle
di Annamaria Sbisà
Circondati da libri e miraggi, siamo nel tempio
di una delle più grandi produzioni di mobili e
oggetti del XX secolo, nel mondo fuori da ogni
schema uscito dalla fantasia di Piero Fornasetti, e
ora portato avanti dal figlio Barnaba
Da qui, attraverso il camino, aperto su due lati
come collegamento segreto da Barnaba, s’intravede
la cucina. Regno di bianco e di luce, l’ex portico
che lui ha “finestrato” ospita le vere padrone di
casa, dipinte ovunque a migliaia: le farfalle. «Ne
ho salvata una la scorsa estate: volava qui in mezzo
alle altre». Il loro movimento, seppur
cristallizzato, spiega l’inquietudine della casa,
che forse ne insegue i capricci, o le apparizioni.
Per salire al piano superiore, si passa
dall’ennesimo salonelaboratorio: un pianoforte rosso
e la cassapanca con sardine, fiammante fuori scala
della scatola originale, segnano la cromia. Il
passaggio sulle scale, tra scaffalature e oggetti
che spuntano da ogni dove, rende ancor più
sorprendente l’approdo alla camera da letto, quasi
francescana.
Qui le farfalle riposano nella
lampada, ma si ha il sospetto che ogni sera
inforchino le finestre mansardate, probabilmente per
non finire nei gilet: appesi a grappoli, groviglio
di surreale su seta, fanno parte dell’inconfondibile
vestire del padrone di casa. Il salotto giallo,
foderato da dischi e libri, affianca la
rossaebarocca stanza degli ospiti, e offre illusioni
alle farfalle che svolazzano sulla porta: il bambù
delle poltrone è dipinto, libri e palazzi sui
cuscini sono stampati, lo specchio adagiato sui
libri riflette il gatto che passa dentro: sarà vero?
Dopo un po’ tra questi muri si perdono le coordinate
del reale. E una volta all’� esterno, il senso non è
più quello della farfalla capricciosa, ma un vago
stordimento che si dilegua in lontananza. Lasciando
che sia l’incognito la missione segreta della casa.
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Come precipitare in un
caleidoscopio, senza conoscerne il meccanismo: qui,
nella villa rosso veneziano immersa nel verde, si è
inghiottiti dall’ipnosi della suggestione.
Circondati da libri e miraggi, siamo nel tempio di
una delle più grandi produzioni di mobili e oggetti
del XX secolo, nel mondo fuori da ogni schema uscito
dalla fantasia di Piero Fornasetti, e ora portato
avanti dal figlio Barnaba. Un’estetica adatta a
decorare il contemporaneo, come il ristorante dell’Eclaireur
a Parigi, che Barnaba ha riempito di scimmie e
magia, ma anche un repertorio senza tempo, come
dimostrano le 2800 illustrazioni divise tra
L’artista alchimista e La bottega
fantastica, nel doppio volume edito da Electa.
Un viaggio mentale fatto ad interni, in cui ci
addentriamo. Dove un lampadario di conchiglie, sottratte
da chissà da quali mari, illumina l’ingresso, mentre la
vetrina che domina la scena quasi acceca, tale è il
sovraffollamento di suggestioni. Impossibile digerirle
una a una, si procede. Nell’ufficio sulla destra un
grande sole illumina una città immaginaria, manifesto
degli anni ’5 0 e del successo del marchio. Si cerca,
tra scaffali e cassetti, il segreto dell’arte di
famiglia: filtrando eleganze del passato con taglio
metafisico, Fornasetti trascende la realtà, e sospende
il tempo in un altrove che non c’è. In studio, i
foulards appesi dietro la scrivania celebrano il 1933,
ovvero l’ingresso in Triennale, mentre a centro stanza
la vista aerea di un cortile disegnato sul tappeto
sembra inghiottire il tavolo di Gio Ponti, e con lui
pesci, astici e cavallucci marini che ne abitano il
piano: è un richiamo al felice incontro tra l’artista e
l’architetto, anno 1940.
Appoggiato sul divano, il vassoio con bocca rossa
osserva immobile la scena, e così fa il leopardo,
sinuoso e lucido, dipinto sul mobile negli anni ’50.
Un’occhiata alle vedute architettoniche, e il giro
prosegue tra illusionistici corridoi le cui tappezzerie
sconfinano, per approdare tra nuove densità: «È una casa
che divora, ma sono talmente abituato che non potrei
vivere diversamente», confessa Barnaba, mentre
magicamente (qui è normale) appare da ogni specchio. La
sua barba sbuca nel bianconero del bagno, un optical
abitato dall’iconico viso di donna su ceramica, per poi
riapparire riflessa in quelli convessi del salotto
verde, dove incantano la scrivania di Ponti con
biglietti d’epoca e due mobili d’epoca: quello con le
città immaginarie che si riflettono nell’acqua, tra i
libri, e il trumeau con le architetture, un classico che
affianca i colorati vetri Biedermeier.
06 giugno 2009
Da www. repubblica.it
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